Soprintendenza archeologica di Salerno
Il soprintendente, Guiliana Tocco Sciarelli
Si è normalmente portati a pensare che l’archeologo osservi le testimonianze del passato con l’occhio critico del classificatore che ha bisogno di tessere parametri entro cui imprigionare, come in una gabbia, i segni della storia.
In realtà ciò che spinge l’archeologo a svolgere la sua ricerca, sempre con caparbia passione, è un interesse profondo per l’uomo, del quale vuole ricostruire la storia, ma non tanto quella dei grandi eventi, quanto sopratutto quella quotidiana, fatta di piccole cose.
Attraverso la “cultura materiale”, l’archeologo tenta di capire dell’umanità che appartiene al tempo passato il modo di vivere, di vestire, di scrivere, di parlare, di abitare, di lavorare, di morire e di seppellire, le credenze, i riti, le magie, le feste, le cerimonie e, in tutto questo, cerca anche di cogliere i piaceri e le sofferenze, la fatica e il divertimento, la dura realtà di ogni giorno e i miti e i sogni.
Questa attenzione concentrata sull’essere umano e sull’ambiente in cui vive è certamente condivisa con gli artisti. E’ infatti noto che l’archeologia, le rovine, i segni tangibili dell’antichità dell’uomo hanno sempre avuto grande influenza sulla produzione artistica.
I monumenti di Paestum, la maestosa geometria dei templi hanno profondamente segnato le forme dell’architettura e della pittura settecentesca e ottocentesca europea.
Anche l’arte contemporanea non sa sottrarsi al fascino dell’archeologia pestana. Per Floriane Tissières si è trattato di un incontro fatale. Le architetture di Paestum sono diventate per lei un veicolo importante per esprimere la sua arte in modo assai peculiare e originale. Il simbolismo è evidente, ma come sempre accade, si presta all’interpretazione soggettiva di chi guarda. E’ un gioco altalenante tra sogno e realtà, le architetture, solide nella loro leggerezza, sono intrise di umanità, contaminate dalle contraddizioni della realtà quotidiana, ma al tempo stesso dal loro groviglio rese evanescenti e fluide, quasi immagini oniriche in dissolvenza.
Attraverso le forme dell’antico, l’artista, in poche parole, esprime la sua visione del mondo giocosa e ironica e al tempo stesso malinconica e crudele.
Viene spontaneo di chiedersi: che cosa risveglia nell’animo di un artista la memoria multiforme del passato? Che cosa di più gli trasmette che è negato forse all’archeologo?
E’ perciò con interesse e curiosità che il Museo Archeologico Nazionale di Paestum accoglie una mostra delle opere di Floriane Tissières.
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